23 Ott 2020
“Io sono un’emigrante”, una calabrese che ce l’ha fatta racconta
Realizzato il sogno americano, resta la nostalgia per le radici
di Domenico Logozzo *
Racconti di oggi, ricordi di ieri. Il sogno americano e un giornale-comunità, che tiene saldamente legati gli emigranti italiani ai grandi valori delle radici. “Complimenti. Compro America Oggi perché mi piace leggere i fatti, gli avvenimenti della mia terra e di tutti gli italo-americani sparsi per il mondo”. Su Facebook l’amica Maria Ursino Barcia, emigrata nel 1972 dalla Calabria, così commenta un mio articolo su OGGI7, il magazine settimanale di America Oggi, unico quotidiano degli Stati Uniti in lingua italiana che si stampa a New York. Maria pubblica anche la foto della pagina del giornale dove ho scritto su Sara Scopece, giovane artista di talento di origini meridionali (papà foggiano, mamma calabrese). Dall’impegno sociale all’amore per la natura, Sara con i colori delle piante dipinge i muri delle città. Dipinge e si fa dipingere “il corpo come una tela”, titola OGGI7. “Bello l’articolo che hai scritto”, aggiunge Maria. Un bell’esempio di attaccamento alle radici. Maria ricorda che anche papà Luigi ha letto dal 1973 il quotidiano in lingua italiana, prima il “Progresso” e poi America Oggi “fino all’ultimo giorno che ci ha lasciati, nel 1994. Era uno assiduo lettore”.
Mi scrive, a proposito dell’articolo su Sara Scopece: “Il piacere di leggere cose positive dei nostri connazionali”. Ma so che anche Maria è una positività della migliore Calabria, che onora la terra natia Oltreoceano. Con umiltà. E le chiedo di raccontarci la sua storia di emigrante che ce l’ha fatta, di ragazza partita da Gioiosa Jonica con una valigia piena di sogni e di speranze e di belle intenzioni. “La mia vita da emigrante comincia il 14 di luglio del 1972, quando lasciammo il nostro bel paesello con la mia famiglia per il grande Sogno Americano”. Dal sogno alla realtà. “Si parte con entusiasmo, per una vita migliore, ma per noi emigranti non è facile inserirsi. Una nuova cultura, ma un problema grande è stata la non conoscenza della lingua. C’è voluto del tempo. E mi mancava il mio paese, tutto quello che da teenager mi sembrava banale, mi mancava da morire!”
Difficile integrazione, nostalgia. Però emerge subito in Maria la forte volontà di superare tutti gli ostacoli, da calabrese che non si arrende mai. “Mi sono rimboccata le maniche e con tanti ma tanti sacrifici, tra lavoro e scuola, sono riuscita a inserirmi in una società di investimenti Shearson Lehman Brothers con cui sono stata per 18 anni. Dopo il 2001, quando Wall Street è andata a rotoli, ho avuto l ‘opportunità di impiegarmi nel comune di New York”. Dal paesello calabrese alla grande metropoli. Quando i sogni diventano bella realtà. “Sono attualmente impiegata nella città di New York, specializzata nelle traduzioni in italiano per il sindaco di New York”. Il precedente sindaco, Michael Bloomberg, che aveva un buon legame con l’Italia, ogni volta che rappresentanti italiani venivano in visita da lui, io era stata scelta per tradurre in italiano i suoi discorsi. Ogni anno eravamo invitati a cena dal sindaco per essere ringraziati”.
Grandi emozioni e soddisfazioni, ripensando con orgoglio alle origini. “Vengo da una famiglia umile: la nonna e il nonno contadini, papà andava ogni anno a lavorare dalla Calabria al Nord per 6 mesi. Poi ritornava, coltivava la sua terra e quindi ripartiva”. Partenze, ritorni e ripartenze. Ragazza brillante e lungimirante. Guardava oltre. “I miei sogni da ragazza erano quelli di evadere dal quel paese che secondo me non aveva niente da offrirmi. Tra gli anni Sessanta e Settanta non erano tempi facili. Da bambini si giocava sulla piazza del monumento con gli amici. La vita era semplice: scuola, la domenica a messa, la passeggiata in piazza, qualche scampagnata, d’estate al mare. Ma queste cose non le apprezzi quando ce l’hai”.
Maria intanto sognava e disegnava il suo futuro. “Io avevo sempre sognato qualcosa di più di tutto quello che avevo allora in Calabria”. E la speranza diviene certezza. “Nel 1972 arriva da mio zio l’atto di richiamo per andare in America. Non ti dico lo gioia, finalmente il mio sogno si avverava. Si partiva, andavamo nella Grande Mela. Ero invidiata dai miei amici perché sognavano tutti quella grande metropoli. I sogni sono belli ma la realtà è un’altra”. Ribadisce: “Sono stati anni difficili, perché dovevo lavorare di giorno e andare a scuola la sera per cercare di imparare la lingua. Ma ora è diverso, l’inglese più o meno si conosce. Io non conoscevo la lingua e poi avevo solo la terza media”. Ragazza di Calabria, forte e decisa. Non si è mai arresa. “Mi sono inserita nel modo migliore nel mondo del lavoro”. Orgogliosa dei risultati finora ottenuti. “Il mio sogno si è avverato, con alti a bassi, ho avuto belle soddisfazione nella vita. Mamma e papà sono stati orgogliosi dei loro 3 figli: io, Piera e Paolo. Hanno avuto grandi soddisfazioni da noi.”
Una vita da emigrante che ce l’ha fatta. Maria un’eterna sognatrice, idealista, tra un problema ed una certezza. “Sogno sempre quella piazzetta e quelle cose che io chiamavo “banali” le rifarei mille volte. Domenico, Gioiosa sarà sempre nel mio cuore. Ma ho un problema”. Quale? “Io mi sento al cento percento italiana, però ogni volta che ritorno in Italia non mi sento italiana. Qui a New York non mi considero un’americana, perché le mie radici sono italiane. La mia conclusione: IO SONO UN’EMIGRANTE”. Riflessione e certezza. La sensibilità e il grande cuore, i sentimenti delle belle donne del Sud.
Anche il marito Frank è un figlio del Sud. “Emigrato dalla Sicilia con la famiglia quando aveva 13 anni, esattamente da Mezzojuso, in provincia di Palermo. Un un paese molto caratteristico. Comunità con due religioni: cattolici e greco-ortodossi. Nella piazza principale ci sono le due chiese, una accanto all’altra. Nel convento di Santa Maria si trova la più antica libreria di manoscritti. Io sono stata fortunata a visitarla privatamente, con un religioso ortodosso che mi ha dato interessanti spiegazioni”.
Le chiedo qualche foto degli anni giovanili in Calabria: “Non ne ho troppe. Sai quando si parte per questi viaggi Oltreoceano molte cose sentimentali purtroppo dobbiamo lasciarle perché ci sono altre cose importanti da mettere nella valigia”. E mi manda con orgoglio le foto di mamma Anna e di papà Luigi Ursino: la prima da fidanzati e l’altra dopo 40 anni di matrimonio. Mi fa notare: “C’è la stessa luce nei loro occhi. Vorrei che tutti gli innamorati oggi avessero quella luce nei loro occhi”. Emozioni e foto del cuore: ecco quella di quando faceva le elementari ed ecco quest’altra con la sorella Piera e il fratello Paolo, nel 1972. E l’ultima, fatta a Gioiosa prima di partire per gli Stati Uniti. Donna umile, così come i suoi splendidi genitori Anna e Luigi, una vita per il lavoro. Maria mi scrive: “Questa è la storia della mia vita, semplice storia Domenico, non molto importante. Se ti va di pubblicarla va bene, se poi la trovi inutile va bene lo stesso”. Grazie Maria, “IO SONO UN’EMIGRANTE” è una preziosa testimonianza d’amore per le belle radici.
*già Caporedattore centrale TGR Rai