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Il carcere visto da dentro,  il rapporto di Antigone Puglia

È stato presentato, presso il Chiostro degli Agostiniani, il report “Il carcere visto da dentro” organizzato da Comune di Lecce  Assessorato al Welfare e associazione Antigone Puglia.

Nel corso dell’incontro, moderato dal giornalista Erasmo Marinazzo, è stato presentato il XVIII rapporto sulle condizioni di detenzione nelle carceri italiane redatto da Antigone, si e’ discusso anche del carcere e delle sue alternative, della collaborazione tra istituzioni per garantire percorsi di pena riabilitanti.

All’incontro hanno partecipato Silvia Miglietta assessora al Welfare del Comune di Lecce, Alessandro Stomeo avvocato dell’associazione Antigone Lecce, Mariateresa Susca direttrice della Casa Circondariale di Lecce, Giuseppe Mastropasqua presidente del Tribunale di Sorveglianza di Lecce, e Maria Mancarella garante dei diritti delle persone private della libertà della città di Lecce.

«Il carcere non è un’isola separata dal mondo esterno, ma una comunità – dichiara l’assessora al Welfare del Comune di Lecce Silvia Miglietta – fatta di storie, relazioni, problemi che dobbiamo sempre più mettere in relazione con la città. La presentazione del rapporto sulle condizioni di detenzione nelle carceri italiane, redatto dall’associazione Antigone, ci offre l’occasione per affrontare in un dibattito pubblico e aperto a tutta la cittadinanza i temi della vita carceraria, che non sono diversi da quelli dell’esterno: inclusione, diritti, cooperazione, rappresentanza, per garantire alla comunità e ai singoli la possibilità di una piena e reale riabilitazione».

Nel video le dichiarazioni dell’avvocato Maria Pia Scarciglia presidente Associazione Antigone Puglia: «Il carcere, dopo la pandemia, si è ripresentato con tutte le sue problematiche, aggravate dalla dura prova rappresentata dalla emergenza sanitaria. Le violenze subite dai detenuti ad opera di appartenenti alle Forze dell’Ordine, in relazione alle quali si stanno celebrando processi, da una parte, e il sovrumano impegno e lavoro dei Direttori e del sottodimensionato personale di sicurezza e di assistenza ai detenuti, dall’altra, sono le due facce di un sistema “malato”, incapace di garantire una pena in linea con il dettato Costituzionale. La piaga del sovraffollamento, che nelle strutture detentive pugliesi si attesta, come media, al 135% insieme alla inadeguatezza delle strutture, alla carenza di personale di sostegno e di sicurezza, genera una pena detentiva inumana. La reclusione si sostanzia, così, in un inutile e passivo stato di limitazione della libertà che  aggrava, anziché risolvere, i problemi di socializzazione del reo allontanandolo ancor di più da un modello comportamentale accettabile».

Servizio di Adriana Greco

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