8 Nov 2022
La Cassazione. Commette il reato di estorsione il datore di lavoro che minaccia il dipendente di licenziamento per fargli firmare la busta paga
Rischia una condanna per estorsione il datore di lavoro che, sotto la minaccia del licenziamento, decurta lo stipendio ai dipendenti facendo restituire parte degli emolumenti in contanti. Escludendo anche le attenuanti generiche, la Corte di cassazione, con la sentenza 2147/22 depositata il 7 novembre 2022, ha confermato la responsabilità penale di marito e moglie, i titolari di una piccola impresa. Tutte le obiezioni formulate dalla difesa sono state bocciate in sede di legittimità. Il legale ha cercato di declassare il reato da consumato a tentato. Anche su questo punto gli Ermellini hanno risposto che, accertata la natura concorsuale dell’azione criminosa, rileva ai fini della esclusione del tentativo che il denaro estorto sia stato consegnato dalla vittima all’estorsore o a persona da lui incaricata, consapevole del ruolo di intermediario, anche se si sia predisposto l’intervento della polizia con immediato arresto del reo e restituzione della cosa estorta. Per i giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Fra l’altro, la motivazione si sottrae a censure anche con riferimento alla determinazione della pena, proporzionata alla gravità dei fatti, al rito prescelto, al comportamento processuale ed al riconoscimento delle attenuanti generiche; l’attenuante ex art. 62 n. 4 cod. pen. è stata negata con corretta valutazione a tal fine degli effetti dannosi connessi alla lesione della persona destinataria delle minacce, sulla base dell’orientamento giurisprudenziale riportato in sentenza”.