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Dall’esperienza dei saldi. Parola d’ordine: semplificare, cioè liberalizzare, cioé abolirli

Il rito dei saldi che si rinnova un paio di volte l’anno va stancamente avanti e, comunque, anche se prezzi scontati si trovano in qualunque momento e ovunque, l’attrazione della parola “saldi” ha un suo effetto. Ed è per questo motivo che le associazioni di categoria di produttori e commercianti perorano questo rito, anche se, loro per primi, violano il motivo per cui i saldi esistono, cioé svuotare i magazzini delle rese di stagione… figurati se tutta la merce in offerta fosse solo avanzi…. Ma tant’è, questa è una delle tante ipocrisie e illegalità su cui si basa il nostro cosiddetto patto sociale, politico ed economico.

Se fosse solo un sorriso e una pacca sulle spalle, l’anomalia potrebbe finire lì. Ma per i saldi ci sono fior fiore di regioni che si riuniscono ogni volta per stabilire i calendari, e quando una pubblica amministrazione si muove, brucia il denaro pubblico.

Di conseguenza una domanda: serve usare questi soldi?
Questo dei saldi è un tipico esempio di soldi che si possono risparmiare.

I consumatori oggi acquistano quando vogliono e dove vogliono, cercando e trovando le offerte più convenienti. I saldi, come i vari cosiddetti Black Friday, sono solo espressione pubblicitaria che cerca di infondere una sorte di isteria e bramosia collettiva per far spendere di più.

Uno dei pilastri di una società che si basi sul rispetto dell’intelligenza e delle esigenze dei consumatori, è la semplificazione. Cioè levare più regole possibile, demandare ad ogni individuo le decisioni quando queste ovviamente non compromettono l’interesse collettivo. Cosa c’è di più personale e individuale della decisione di acquistare?

Come anche perorato dall’Antitrust, è il momento di semplificare. Guadagni per tutti, in soldi pubblici e privati, ché questi ultimi, semmai ci fosse ancora qualche commerciante che aspetta i saldi per scontare le proprie vendite, non avrebbe più nessun freno.

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