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CURATELA

MARIO CRESCI. Homo ludens

Nel suo percorso di oltre cinquant’anni nella poliedricità dell’immagine fotografica, Mario Cresci si è servito a più riprese, e particolarmente in Basilicata nel progetto Misurazioni, di esplorazioni nella cultura materiale di un dato territorio come metodo di ricerca del rapporto tra forma e significato, tra produzione artigianale e cultura immaginativa. Nessun significato può essere trasmesso se non gli si da una forma, e niente viene creato che non sia in qualche modo desiderabile, scrive George Kubler proprio negli stessi anni di Misurazioni.

A partire da processi di comparazione, associazione e manipolazione fotografica e grafica di oggetti d’uso tradizionale e domestico, Cresci entra in una profonda relazione con la cultura delle mani, con la materia viva, con la terra ed il territorio, schivando la dimensione retorica e folkloristica grazie ad un metodo analitico, di cui la mostra Homo Ludens è oggi l’eccezione che conferma la regola. 

“Desideravo comprendere entrambi i significati: quello dell’homo faber, di Abraham Moles e dell’uomo poeta di Man Ray”, scriveva Cresci nel lontano 1977.

Nel 2023, in Puglia, Cresci si confronta con l’homo ludens, in grado di creare una relazione possibile con il tutto attraverso il gioco, per sondare la molteplice identità delle cose tra forme e significati, servendosi delle suggestioni offerte dalla produzione ceramica del territorio Leccese ed in particolare dai fischietti, dalle trombette, o dagli utensili usati dai maestri ceramisti cutrofianesi.  

L’homo ludens, indagato per la prima volta dallo storico olandese Johan Huizinga, vive una dimensione di libertà e non di casualità che, nel rapporto con la materia, si pone al confine tra improvvisazione e determinazione. La ceramica, in passato considerata l’alfabetismo, il leggere dei popoli, può in questo senso diventare emblema della dicotomia tra unicità del gesto creativo e riproducibilità, tra forma iniziale e significato assunto.

Eppure, la ricerca di Cresci non si limita all’indagine sulla materia e sui suoi processi di produzione, tipica dell’homo faber. Il gioco, categoria primaria e autonoma dell’attività umana, elemento pre-culturale in grado di mettere in relazione le persone, di rappresentare, di generare un sistema e di alimentare la creatività, diventa per Cresci uno strumento metodologico per scrivere una nuova biografia degli oggetti che fotografa, per aprire nuovi significati che li portano oltre la loro funzione originaria. Questo aspetto è tipico del gioco. Il gioco vincola e libera, non è utile né produttivo, affascina, e si nutre di ritmo e armonia. 

Cresci si interessa alle ceramiche Cutrofianesi e ad oggetti di matrice ludica divenuti identitari, come i fischietti, o agli utensili usati per produrli, ma va oltre. Libera la simpatia degli oggetti, intesa nella sua accezione letterale di sym-patheia, ovvero un mezzo per “sentire con”, per entrare in relazione con la cultura di un territorio, per assaporare la felicità della creazione. 

L’animismo e la ieraticità degli oggetti emersi dalla precedente produzione fotografica di Cresci sviluppata in Lucania, in Puglia scivolano in una dimensione che riesce ad essere paradossalmente al contempo magica e ironica, con regole molto specifiche ma anche molto arbitrarie. 

L’homo faber è quello che ha il controllo sulla materia. L’homo ludens sembra meno interessato al controllo sulla materia, quanto piuttosto alla possibilità di definire una propria dimensione, una propria sfera di azione dove tutto è possibile, ripetibile e sempre diverso. 

Flavia Parisi

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