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Anticorpi monoclonali contro il Covid: tra due mesi i pazienti potranno essere curati a casa

Ancora poche esperienze di utilizzo e di ricerca in Italia: Toscana e Liguria le regioni più virtuose
Gli infettivologi: «Sono la cartina di tornasole del rapporto tra ospedale e territorio nella gestione dei pazienti con infezione da Sars Cov 2».
Gli anticorpi monoclonali se somministrati all’insorgere dei primi sintomi, meglio
se entro i primi 4-5 giorni, permettono di tenere sotto controllo il decorso della malattia e di
evitare la forma più grave. Sono concordi su questo gli infettivologi che questa mattina hanno
fornito il quadro generale dell’uso dei monoclonali nelle diverse realtà regionali durante l’instant
webinar organizzato da Motore Sanità dal titolo “ANTICORPI MONOCLONALI ANTI COVID” al fine
di aprire un franco scambio di idee non basate sulla ricerca di visibilità ma sui dati scientifici
disponibili sino ad ora e sulle prospettive future. Se in Liguria l’impiego degli anticorpi monoclonali
sta procedendo a passo spedito grazie alla collaborazione tra ospedale e territorio, dalla Toscana
la notizia è quella che entro luglio potrebbero essere messi a disposizione anticorpi monoclonali
più potenti e potranno evitare ai pazienti Covid positivi di essere curati in ospedale.
L’EMA, AIFA ed altre istituzioni internazionali e nazionali (NIH) si sono espresse sull’utilità dell’uso
degli anticorpi monoclonali contro l’infezione da SARS COV 2 che ha già provocato oltre 120mila
morti. Attualmente le linee guida e i trial in corso sdoganano l’impiego dei medesimi più come
profilassi che come terapia nei pazienti con malattia grave e conclamata. Così come gli antivirali,
gli anticorpi monoclonali sono indicati in pazienti positivi entro 10 giorni dall’esordio dei sintomi e
non in pazienti che necessitano di elevati volumi di ossigeno.
Gli anticorpi monoclonali non sono stati ancora completamente studiati e non hanno ricevuto
l’approvazione definitiva dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ma un parere scientifico
positivo all’uso da parte degli enti regolatori dei vari paesi europei, in conseguenza degli studi sino
ad ora presentati in pazienti con le caratteristiche definiti nella slide precedente. Sono stati
oggetto di autorizzazione temporanea AIFA l’anticorpo monoclonale bamlanivimab e
l’associazione di anticorpi monoclonali bamlanivimab-etesevimab, prodotti dall’azienda
farmaceutica Eli Lilly, nonché l’associazione di anticorpi monoclonali casirivimab-imdevimab
dell’azienda farmaceutica Regeneron/Roche.
“Gli anticorpi monoclonali se somministrati all’insorgere dei primi sintomi, meglio se entro i primi
4-5 giorni permettono di tenere sotto controllo il decorso della malattia e di evitare la forma più
grave. In Liguria circa 200 persone sono state trattate così senza nessun decesso. Si tratta di una
“cura efficace” contro il virus. Peccato che in Italia non sia ancora sfruttata al massimo in tutte le
regioni. Occorre che si intraprendano ovunque protocolli di collaborazione tra ospedale e territorio
per consentire il loro utilizzo nelle prime fasi dell’infezione”, ha detto Matteo Bassetti, Presidente
SITA e Direttore UO Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico “San Martino”, Genova.
La Regione Liguria grazie al virtuoso progetto di collaborazione tra territorio e ospedale
incominciato a gennaio 2021 ha ottenuto importanti risultati su questo fronte terapico.
“La nostra regione ha organizzando il Dipartimento regionale di malattie infettive a cui fanno capo
tutte le divisioni di malattie infettive della Liguria e ha stabilito che dovesse esserci un rapporto tra
l’ospedale e il territorio, ovvero che ogni azienda sanitaria dovesse instillare protocolli di
collaborazione tra ospedale e medicina generale e questo è stato fatto nella provincia di Genova
dallo scorso ottobre: oggi sono stati gestiti circa 600 pazienti Covid positivi – ha proseguito il dottor
Bassetti -. Per quanto riguarda i dati della Liguria, che conta 1,5 milione di abitanti, siamo arrivati
a somministrare 126 dosi di anticorpi monoclonali per milione di abitanti, il doppio rispetto a
quello che avviene mediamente in altre regioni. Tutto questo è il frutto di questa collaborazione
che fa sì che i medici di medicina generale intercettino i casi Covid positivi molto precocemente e li
portino all’attenzione degli ospedali. I risultati preliminari sono molto incoraggianti”.
E poi ha aggiunto l’infettivologo: “I medici di medicina generale devono essere le “civette sul
territorio” che intercettano la malattia e, in questo modo, insieme all’ospedale si potranno gestire
anche altri nuovi monoclonali e le altre terapie. Tanto maggiore è la capacità di fare squadra con il
territorio tanto maggiore è il successo delle terapie con i monoclonali. Chi non ha fatto squadra con
il territorio i monoclonali non li sta utilizzando o non li ha utilizzati. I monoclonali sono la cartina di
tornasole dell’organizzazione ospedale-territorio della gestione del Covid”.
Presso la Toscana Life Sciences Sviluppo di Siena sono stati sviluppati anticorpi monoclonali
umani per il trattamento del Covid molto potenti e in grado di contrastare anche le varianti.
“Sta proseguendo la sperimentazione scientifica su monoclonali di seconda generazione quindi più
potenti, somministrabili per via intramuscolo quindi al domicilio del paziente – ha spiegato Rino
Rappuoli, Coordinatore scientifico Monoclonal Antibody Discovery (MAD) Lab, di Toscana Life
Sciences. “Stiamo pensando di entrare nella fase clinica 2 e 3 e speriamo di potere mettere a
disposizione queste terapie entro luglio”.
L’obiettivo dei ricercatori è quello di “avere dei monoclonali che siano disponibili a pazienti non
solo ad altissimo rischio infettivo ma anche per quelli che vogliono guarire velocemente, e che
siano a prezzi accessibili e usabili sul territorio”. È diventato molto importante non tanto avere un
cocktail di monoclonali ma avere il monoclonale giusto e più sensibile alle varianti – ha proseguito
Rappuoli -: il nostro anticorpo monoclonale risponde a questi requisiti. Proveremo ad utilizzarlo
anche dove altri monoclonali hanno fallito, che sono i casi di pazienti gravi”.
“Certamente l’elemento della tempestività è fondamentale come lo è il punto di raccordo e di
coordinamento tra la medicina generale e l’ospedale: bisogna essere tempestivi – ha spiegato
Pierluigi Russo, Dirigente Ufficio Registri di Monitoraggio AIFA -. I dati dei trattamenti che noi
monitoriamo sono assolutamente insufficienti e decisamente troppo pochi e coprono meno dell’1%
dei pazienti contagiati. Capisco gli aspetti legati alle limitazioni previste dalla CTS nell’uso di questi
medicinali che sono stati autorizzati con “autorizzazione in emergenza”, ma il punto fondamentale
è che questa percentuale mi sembra troppo poco per riferire questa numerosità esclusivamente ai
limiti previsti dalla Cts. Il registro di monitoraggio evidenzia una crescita lenta dell’uso dei
monoclonali rispetto alla velocità del Sars Cvo 2 e questo è un punto negativo sicuramente, ma la
possibilità di avere dei prodotti che stanno in fase di valutazione e di ulteriore autorizzazione ci
aiutano ad avere una consapevolezza più estesa rispetto ai prossimi passi”.

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