30 Apr 2024
Aviaria, virus scoperto anche nei delfini negli Stati Uniti
La preoccupante scoperta in Florida dove le analisi hanno rilevato la presenza del virus nel cervello e nei polmoni del mammifero. Gli scienziati avvertono che la diffusione del virus nei cetacei potrebbe rivelarsi catastrofica
L’influenza aviaria H5N1, continua a preoccupare per l’aumento di infezioni segnalate anche nei mammiferi. Dopo il recente allarme scattato per la diffusione del virus dell’aviaria tra le mucche da latte in Texas e Kansas, il patogeno è stato trovato anche nel cervello di un piccolo delfino durante un esame post-mortem. Dopo due anni di studi è stato confermato che il delfino morto nel 2022, appartenente al genere Tursiops truncatus presentava un virus altamente patogeno dell’influenza aviaria (HPAIV). E’ il primo caso conosciuto di questo virus in un cetaceo nell’America del Nord. I ricercatori dell’Università della Florida hanno dettagliato la scoperta in uno studio pubblicato di recente sulla rivista Communications Biology. In particolare le analisi del caso sono state condotte dal laboratorio di medicina zoologica dell’Università della Florida e dal National Veterinary Services Laboratory di Ames in Iowa, che ha individuato il sottotipo del virus. Il delfino era stato trovato in difficoltà nel marzo 2022 tra una diga e un pilone portuale a Horseshoe Beach, una città nel sud della contea di Dixie in Florida. Purtroppo però è morto nonostante i tentativi di soccorso poco prima dell’arrivo degli operatori del Marine Animal Rescue Program. L’esame post-mortem ha rivelato gravi problemi di salute, tra cui l’infiammazione del cervello. Ulteriori analisi hanno rivelato sintomi coerenti con altri animali selvatici infettati dal virus, come gli uccelli. Nello specifico, il sequenziamento del virus, spiega la D.ssa Diana D’Agata, Veterinary Surgeon nel Regno Unito, ha inoltre indicato la presenza di mutazioni associate all’adattamento del patogeno ai mammiferi e una ridotta sensibilità all’oseltamivir, un farmaco antivirale utilizzato per trattare e prevenire l’influenza A e l’influenza B nell’uomo. La sensibilità all’oseltamivir del virus isolato nel delfino è risultata essere 18 volte inferiore rispetto a quella dei corrispondenti virus di influenza aviaria. Ciò significa che il virus trovato nei campioni di tessuto del delfino era mutato fino a diventare 18 volte più resistente agli attuali trattamenti farmacologici per l’influenza, sottolineando l’importanza del monitoraggio di questi ceppi e il rischio derivante dalla loro diffusione. La fonte dell’infezione del delfino rimane purtroppo ancora sconosciuta, quando comprendere il virus sarebbe cruciale per la prevenzione della sua diffusione, in quanto i primi esami comparativi con i virus rilevati negli uccelli marini uccisi dall’infezione, tra Horseshoe Beach e la foce del fiume Suwannee, dove è stato trovato il delfino, sembrano escludere che quei patogeni dei volatili fossero precursori diretti. Pertanto la scoperta è altamente preoccupante perché gli scienziati avvertono che la diffusione dell’influenza aviaria, già letale per milioni di volatili, nei cetacei potrebbe essere catastrofica. Il rapporto pubblicato su Communications Biology, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, aggiunge i delfini tra le specie di mammiferi minacciate dal virus, che ha già causato la morte di milioni di uccelli selvatici di varie specie, l’uccisione di mezzo miliardo di volatili d’allevamento e fatto registrare, sempre più frequentemente, infezioni letali nei mammiferi, sia terrestri che marini.