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Cassazione, orientamento nuovo: reato mentire nell’autocertificazione Covid

Altro che assoluzione, è una sentenza destinata a far discutere quella emessa dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione in quanto ha compiuto un reato chi è andato in giro per i fatti suoi durante il lockdown, salvo attestare invece nell’autocertificazione di essere uscito per motivi consentiti, ad esempio per lavoro. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza 35276/23 pubblicata ieri, 21 agosto 2023, ha accolto il ricorso della Procura della Repubblica del Tribunale di Assti. Gli Ermellini, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, hanno spiegato che “Ha compiuto un reato chi è andato in giro per i fatti suoi durante il lockdown, salvo attestare invece nell’autocertificazione di essere uscito per motivi consentiti, ad esempio per lavoro. Si configura infatti il falso ideologico perché la dichiarazione del privato, così frequente durante la pandemia Covid, è comunque destinata a essere trasfusa nella relazione dei carabinieri che svolgono il controllo: l’interessato, tenuto all’obbligo di verità, attesta un fatto che soltanto lui può documentare, mentre il pubblico ufficiale si limita a prenderne cognizione. Non viene in rilievo il principio del processo penale per cui nessuno è tenuto ad autoincriminarsi: l’autocertificazione mendace non costituisce di per sé una denuncia a proprio carico. Il ricorso del pm è accolto mentre il sostituto pg ne chiedeva il rigetto. Sbaglia il tribunale all’esito del rito abbreviato ad assolvere dall’accusa del reato ex articolo 483 Cp i due imputati: l’uomo dichiara ai militari di essere rimasto in panne per un guasto al veicolo all’uscita del lavoro, la donna sostiene di essere uscita per riportare il compagno a casa. Ma entrambe le affermazioni si rivelano mendaci. Il giudice del merito, tuttavia, esclude il falso ideologico sul rilievo che la relazione di servizio dei carabinieri non potrebbe essere considerata atto pubblico ai fini del reato: mancherebbe  «l’efficacia probatoria di fatti direttamente percepiti» dai militari, che si limitano a riportare quanto attestato dalle persone controllate. In realtà sono pubblici anche gli atti preparatori di una fattispecie documentale complessa come le autocertificazioni del privato rese a pubblico ufficiale: quando giustificano la presenza in strada nonostante i divieti, i due attestano fatti che sono nella loro diretta conoscenza e che soltanto essi possono documentare, mentre la dichiarazione ha una funzione probatoria evidente e specifica. La violazione del principio processuale penale, poi, è esclusa perché l’autocertificazione è unicamente una dichiarazione di rilievo amministrativo: risultano soltanto eventuali gli accertamenti sui fatti attestati e sulla relativa rilevanza penale”.

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