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Cirrosi epatica, un’emergenza da affrontare in rete con i medici di famiglia e nuovi percorsi di diagnosi e cura

Il Piano nazionale delle cronicità e il più recente PNRR offrono importanti strumenti per migliorare la gestione dei pazienti fragili come quelli con cirrosi epatica, patologia che rappresenta una grande sfida attuale da non sottovalutare perché è ampiamente diffusa ed è caratterizzata da un notevole impatto sulla salute globale. Come potranno essere utilizzati questi strumenti lo spiegano gli esperti di Campania, Abruzzo e Puglia.

Il tema è stato sviluppato nel corso del “WEBINAR MULTIREGIONALE: IL PERCORSO AD OSTACOLI DEL MALATO DI FEGATO. LA COMPLESSA GESTIONE DEL PAZIENTE CIRROTICO E DELLE SUE COMPLICANZE. NUOVE PROSPETTIVE TRA PNRR E PNC”, organizzato da Motore Sanità con la sponsorizzazione non condizionante di ALFASIGMA e INTERCEPT PHARMACEUTICALS.

Le stime più recenti indicano che ogni anno in tutto il mondo circa 1 milione di morti sono causati da cirrosi, la quale si posiziona come l’11° causa di morte più comune, la terza causa di morte tra le persone di età compresa tra 45 e 64 anni, risultando responsabile, insieme al cancro al fegato, del 3,5% di tutti i decessi in tutto il mondo. Questa malattia degenerativa del fegato può essere conseguenza di diverse cause, tra cui l’obesità, la steatosi epatica non alcolica, l’elevato consumo di alcol, l’infezione da epatite B o C.

Contro il virus dell’epatite C grandi obiettivi sono stati posti da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: si punta a ridurre entro il 2030 la mortalità correlata alle epatiti del 65% e le nuove infezioni del 90%. In questo ci aiutano i farmaci innovativi più recenti, come i nuovi antivirali diretti che risultano molto efficaci, con percentuali di guarigione pari al 95% in seguito a cicli terapeutici di massimo 16 settimane.

Secondo Ernesto Claar, Direttore dell’Unità Operativa di Epatologia dell’Ospedale Evangelico Betania e Coordinatore Network Epatologico – ASL Na – Centro, “la realizzazione di “nuovi modelli assistenziali” insieme alla realizzazione di un PDTA specifico per i pazienti con cirrosi epatica, consentiranno alla Regione Campania di migliorare l’aderenza alle terapie, di prevenire complicanze gravi come encefalopatia epatica e ascite, di potenziare l’assistenza domiciliare, di coinvolgere il paziente e il caregiver, di rendere sostenibili le cure e di conseguenza aumentare la qualità e l’aspettativa di vita”. Poi ha illustrato l’impatto della cirrosi epatica quale una delle principali cause di disabilità e di mortalità.

“In uno studio real world del 2021 (S. Cammarota et al. Eur Rev Med Pharmacol Sci 2021; 25: 4490-4498) è emerso che in Campania ci sono oltre 21.400 pazienti, intercettati dai reparti di degenza, con diagnosi di cirrosi epatica che assorbono risorse pari a circa 73 milioni di euro l’anno. Il costo medio annuo per paziente con cirrosi è diverso se il paziente è in fase di compenso (3.200 euro) oppure in fase di scompenso (4.000 euro) ed è stato anche evidenziato che nell’anno successivo al primo episodio di scompenso, il costo per paziente per anno è pari a 13.800 euro. Il motivo della levitazione dei costi è da attribuirsi alla maggiore frequenza di ospedalizzazioni nel paziente scompensato (ascite, encefalopatia epatica, ecc.); si è registrato che 1 paziente su 2 va incontro ad un nuovo ricovero nel primo anno dopo l’insorgenza della prima complicanza”.

Il Dottor Claar ha, infine, evidenziato che “quando la cirrosi entra nella fase di scompenso la sopravvivenza media scende a soli 2 anni rispetto ai 12 anni del paziente con cirrosi senza scompenso o complicanze. Dallo studio emerge che 2/3 della popolazione cirrotica è ultrasessantacinquenne, oltre il 70% dei soggetti ha almeno una comorbidità non epatica e circa il 40% più di due; si tratta, pertanto, di pazienti con un alto grado di complessità la cui gestione richiede un approccio multidisciplinare e integrato specialistico-territoriale. La telemedicina e la condivisione del PDTA con tutti i soggetti coinvolti nell’erogazione delle cure contribuiranno a garantire un’assistenza centrata sui bisogni “reali” del paziente, a diminuire il ricorso al ricovero ospedaliero, a migliorare la qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari, ed in ultima analisi contenere le risorse attualmente assorbite da questa grave patologia”.

In Abruzzo è stato stilato un PDTA per la cirrosi epatica coinvolgendo sia gli esperti ma anche e soprattutto i medici di medicina generale per evitare il più possibile il ricorso all’ospedalizzazione e la delocalizzazione del paziente in quanto questa malattia deve essere quanto più possibile trattata sul territorio con un ruolo fondamentale per il medico di medicina generale.

Proprio dai medici di medicina generale viene dato al paziente l’input di andare dallo specialista – ha spiegato Pierluigi Cosenza, Direttore dell’Agenzia Sanitaria Regionale della Regione Abruzzo -. Compito fondamentale quindi del medico di medicina generale è identificare precocemente il paziente epatico a rischio evolutivo ed indirizzarlo dallo specialista per poi riprenderlo in carico nella fase di cura e monitoraggio. Il medico di medicina generale quando ipotizza che ci sia un problema epatico richiede una prima visita epatologica allo specialista, che ha il compito sia di confermare, o escludere, la cirrosi epatica, sia di individuare i percorsi di cura e monitoraggio”.

Parallelamente in Abruzzo è stata creata una rete di specialisti. “Il paziente – prosegue il dottor Cosenza – viene rimandato dal medico di famiglia con consigli terapeutici ed anche alimentari (di stili di vita) ma lo specialista dovrà poi controllare periodicamente il paziente con Cup di secondo livello. Per la cirrosi possiamo rallentare l’evoluzione ma non arrestarla quindi bisogna sempre pensare alle complicanze che dobbiamo gestire cercando di fare a meno il più possibile dell’ospedale. L’accesso ambulatoriale è fondamentale anche se a volte si deve e si può ricorrere anche al day hospital. Con la complicità del medico di medicina generale abbiamo individuato i pazienti con cirrosi e anche quelli che hanno buona probabilità di sviluppare la patologia. Molti pazienti con malattie epatiche sono gestibili domiciliarmente (il ricovero si può rendere necessario solo quando ci sono complicanze) ma è importante che facciano i controlli periodici e che siano informati e formati (pazienti, famigliari e caregiver) sulle possibili complicanze”.

Ignazio Grattagliano, Presidente SIMG Puglia ha sottolineato come compito delle società scientifiche sia quello di informare, aggiornare e formare i colleghi medici. “Non si può compartizzare la cirrosi separandola dalle altre malattie epatiche, l’informazione e la formazione va fatta anche su tutti gli altri attori coinvolti: il paziente in primis, ma anche i famigliari, il caregiver, gli infermieri che assistono domiciliarmente. È fondamentale ovviamente anche il ruolo dello specialista perché ricordiamo anche che alcuni farmaci non possono essere prescritti dai medici di medicina generale”.

Il Presidente SIMG Puglia ha evidenziato inoltre la necessità di avere sul territorio di strumentazione ecografica, endoscopica e di personale utile al suo utilizzo. “Tutti questi problemi vanno affrontati insieme anche agli amministratori pubblici per affrontare la difficoltà di avvicinare gli estremi della medicina di territorio con quella della medicina specialistica. Ci sono patologie per le quali mancano i codici identificativi e tra medico di medicina generale e specialista si utilizzano codici identificativi di patologie più vicine; quindi, vanno aggiornati anche questi codici. Il paziente epatologico cronico guarisce dall’infezione ma la malattia va avanti e il paziente a rischio di evoluzione va sempre condiviso tra medico di medicina generale e specialista sia nel percorso di cura sia nel monitoraggio”.

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