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DOPO L’ANTEPRIMA IN CONCORSO AL BIF&ST DI BARI, IL REGISTA SALENTINO DANIELE DE MICHELE PRESENTA IL DOCUMENTARIO “I MASTRI” AL DB D’ESSAI DI LECCE OSPITE DELLA RASSEGNA NEL FRATTEMPO

Dopo l’anteprima in concorso al Bif&st di Bari, lunedì 31 marzo alle 19:00 (info e biglietti al dbdessai.18tickets.it) al Db D’Essai di Lecce, la rassegna Nel frattempo, promossa dall’associazione Diffondiamo idee di valore, in collaborazione con Uasc e Coolclub, che anticipa il festival Conversazioni sul futuro, ospita la presentazione del documentario “I Mastri“, nuovo lavoro di Daniele De Michele. Il regista salentino – che dopo la proiezione dialogherà con il giornalista Pierpaolo Lala e la direttrice artistica Gabriella Morelli – continua a studiare il patrimonio materiale e immateriale italiano attraverso un approccio antropologico.

Dopo il cibo, De Michele ha perlustrato l’Italia per dieci anni alla ricerca di artigiani sparsi nella penisola, raccontando la loro strenua resistenza allo spirito del tempo che li vorrebbe prossimi all’estinzione. Sei Mastri costruiscono i loro manufatti partendo dalla materia bruta: la terra, il legno, il vetro e la pietra. La trasformano e la plasmano attraverso la forza degli elementi naturali: acqua, fuoco e aria. Due alabastrai di Volterra, una giovane liutaia napoletana, dei fabbricanti di pentole di argilla in Romagna, un costruttore di tamburi alle pendici del Vesuvio, un ragazzo senegalese che impara a fare il vetro e Murano, un maestro d’ascia veneziano. Il lavoro li porta a osservare il mondo che cambia, la chiusura delle botteghe, la produzione in serie e la fine della trasmissione dei saperi. Tutto si sintetizza in un’opera effimera e simbolica che ogni anno, da secoli, si costruisce con legno potato a Novoli, in Salento. Metafora del mito di Sisifo, della pietra che si continua a far salire nonostante tutto, perché i mastri, tenaci e orgogliosi, restano a resistere alle intemperie e a difendere l’eternità delle loro conoscenze.

«È dal 2017 anni che giro l’Italia in lungo e in largo alla ricerca di mastri, nello stesso modo in cui a suo tempo sono andato alla ricerca di contadini. In queste ricerche ho fatto esperienza di uno stupore e un incanto nel ritrovare intatte culture millenarie, ma anche di una grande frustrazione, mia e di chi quelle culture le incarna, nel vederne altrettante in pericolo», sottolinea Daniele De Michele. «Quello che mi interessava raccontare erano storie di mastri artigiani e delle loro botteghe, che erano laboratori di ricerca, identità, sperimentazione acquisite di generazione in generazione. Dopo aver incontrato decine di mastri, ho osservato che a caratterizzarli fosse la non serialità e il voler instillare nell’opera il loro personale tocco, ma con il tempo mi sono accorto che stavo cercando altro. Ciò che mi aveva incuriosito è che questi uomini e donne, ripetevano un gesto all’infinito, perfezionandolo sempre di più nel tempo. Il fatto che la loro attività liberatrice, dipendesse dalla reiterazione del gesto, mi ha fatto pensare al Mito di Sisifo, condannato dagli Dei a portare e riportare all’infinito un masso sulla montagna per pagare il pegno di aver cercato la propria libertà. C’era un secondo aspetto, che balzava all’occhio. Come l’uomo si prepara a sfidare il tempo? Quel bagaglio di ricordi, conoscenze, sfrontatezze vissute a cosa gli sono servite? A osservarli bene, i vecchi mastri, sceglievano in fondo quello che era più vicino a loro da giovane. Il più inquieto, ribelle, non salvabile per la società, loro se lo mettevano di fianco e lo facevano diventare uomo, ancor più che artigiano. Per loro, l’essenza del mastro non finisce quando va via, ma se smette di insegnare», racconta il regista. «Come se la sua esistenza fosse parte di una secolare staffetta in cui una comunità protegge i suoi saperi nel tempo. Mi venne in aiuto la ricerca che facevo da un decennio sulla Fòcara di Novoli dove da secoli si costruisce ogni anno, nell’arco di un mese, una gigantesca montagna di tralci di vite, sovrapposte le une alle altre, che viene bruciata come buon augurio per la primavera che arriva. Questo monumento di venti metri di diametro, venticinque di altezza, è costruito dal maestro Renato e il suo allievo, Claudio, si occupano assieme a decine di volontari. Dentro questa Focara, questo totem, si racchiudevano i gesti, i segni, individuali e collettivi che la comunità doveva conservare», continua. «Questo film voleva essere una ricerca antropologica sul mondo artigiano, ma nel tempo si è trasformato in una ricerca su cosa caratterizza l’essere umano, sul senso che l’uomo dà al suo passaggio sulla terra: il tempo che passa, la realizzazione di sé stessi, la propria eredità. Più che mettersi alla ricerca dei motivi e delle cause che determinano la scomparsa dei mastri, il film si interroga sulla possibilità e il senso di tramandare alle future generazioni arti che la storia e l’economia fanno sì che non abbiano più ragione di esistere. Ciò che emergerà lungo il cammino è che questa ricchezza è prima di tutto una ricchezza di sguardi sul mondo. L’unicità dei personaggi raccontati, infatti, risiede nella loro capacità di dare concretezza a quegli sguardi nell’incontro con la materia, che, prima ancora che da una tecnica, viene di fatto plasmata da una visione del mondo. Se scompaiono i mastri, non scompaiono prodotti, scompaiono mondi».

Daniele De Michele
 è autore dei film “I Villani” che ha partecipato alla Mostra del Cinema di Venezia 2018, “Naviganti”, presentato alle Giornate degli Autori di Venezia 2021 e di “Geants dans ma cité” (2024), realizzato per France Télévision. In televisione collabora assiduamente con Geo and Geo (RAI3), La Prova del Cuoco (Rai 1) e la rete LaEffe. In radio è spesso invitato come opinionista a Fahreneith (Radio3), Caterpillar (Radio 2), Decanter (Radio 2) e Capital in The World (Radio Capital). Per Treccani e Corriere della Sera ha curato la serie web-tv “Le nonne d’Italia in cucina”, viaggio nelle venti regioni italiane incontrando nonne in cucina. Nel 2024 ha pubblicato “Il pranzo della domenica” (Il Saggiatore), nel 2014 “Artusi Remix” (Mondadori), ed inoltre “Food sound system” (2006) e “Wine Sound System” (2009) per Kowalski-Feltrinelli; “La Parmigiana e la Rivoluzione” (2011) per Kurumuny.

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