9 Giu 2022
Epatite C, ci sono farmaci efficaci ma servono test rapidi per identificare il sommerso
Il Covid ha avuto un effetto dannoso sulla prevenzione delle malattie infettive, una fra tutte l’HCV quindi anche sull’impiego dei test per la diagnosi precoce dell’infezione. Oggi davanti ad una malattia come l’epatite C, l’imperativo è fare test al di fuori dagli ospedali per identificare quei pazienti con epatite C non ancora raggiunti dai servizi sanitari. L’imperativo è raggiungendo le strutture sul territorio, come i SerD e i Centri di malattie sessualmente trasmesse – perché l’obiettivo è eradicare il virus.
Le malattie croniche del fegato rappresentano un’emergenza epidemiologica e clinica sia a livello mondiale che nazionale. I dati del Global Burden of Diseases indicano che nel 2016, nel mondo, sono decedute 1.256.850 persone per cirrosi epatica e stima per il 2040 un incremento del numero di decessi per cirrosi epatica del 50%.
Le stime riferite all’Italia sulle persone colpite da cirrosi epatica ci descrivono circa 180mila casi con un tasso di prevalenza dello 0,3% nella popolazione totale. L’Epatite acuta C causa di gran parte delle malattie croniche del fegato cronicizza in circa 70-80% degli adulti ed una minoranza di questi (20-30%) progredirà in cirrosi dopo parecchi decenni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per questo ha definito la strategia per l’eradicazione dell’epatite virale (obiettivo riduzione 90% nuove infezioni e 65% decessi causati da epatite virale entro il 2030). Al 2017, solo 9 Paesi a livello globale, fra cui l’Italia, sono in linea con il raggiungimento degli obiettivi OMS. Per questa ragione Motore Sanità ha organizzato l’evento “IL PERCORSO AD OSTACOLI DEL MALATO DI FEGATO. HCV: DALLA DIAGNOSI, ALLA RIVOLUZIONE DELLA CURA, ALL’EMERSIONE DEL SOMMERSO” con la sponsorizzazione non condizionante di Alfasigma e Intercept, perché ritiene che è fondamentale un confronto che focalizzi l’attenzione sulle attuali e future strategie nazionali/regionali che, sfruttando le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), consentano la revisione organizzativa necessaria per l’emersione del sommerso attraverso la creazione di percorsi facilitati per l’individuazione, la presa in carico e l’immediato trattamento di questi pazienti.
“Viste le efficaci terapie e visto che lo stesso schema nel seguire il paziente in trattamento è stato molto semplificato nel corso degli ultimi anni proprio grazie alla semplicità e alla maneggevolezza dei farmaci che stiamo utilizzando, eradicare la malattia è l’imperativo – ha spiegato Sergio Lo Caputo, Professore Malattie Infettive Università di Foggia -. Oggi è fondamentale estendere una rete che sia in grado, al di fuori dell’ospedale, di raggiungere il sommerso, penso ai SerD e ai centri di malattie sessualmente trasmesse. Quello che noi dobbiamo fare è testare ma anche mettere in campo un sistema che permetta dal test rapido di agganciare il paziente e rapidamente portarlo ad un trattamento, che abbiamo già visto essere rapido ed efficace, ed è proprio su questo passaggio su cui dobbiamo lavorare. E dove dobbiamo concentrare i nostri sforzi? In quei soggetti che sono spesso restii al trattamento. Molto importanti sono inoltre le attività di screening durante i ricoveri ospedalieri”.
Secondo il Professor Caputo il concetto del test rapido diventa fondamentale in questo scenario. “Perché permette di uscire dall’ospedale e di andare a trovare la persona con epatite cronica. Un altro aspetto importante è valutare se c’è l’HCV Rna perché in questo modo è possibile trattare rapidamente il paziente. Tutto questo porta ad un percorso che va dalla diagnosi al trattamento che può essere risolto in pochi giorni” ha concluso Lo Caputo.