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Il figlio non va mantenuto oltre i 34 anni anche se disoccupato

La Cassazione fissa la “dead line” oltre la quale per nessun motivo il giovane ha diritto all’assegno

La Suprema corte fissa la “dead line” oltre la quale per nessun motivo il giovane ha diritto all’assegno da parte del genitore: non dovrà mantenerlo, infatti, oltre i 34 anni, e ciò anche se è disoccupato. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con l’ordinanza 358/2023, ha accolto il ricorso di un padre che si opponeva all’obbligo di mantenere la figlia ultraquarantenne. Per i Supremi giudici, la tesi della difesa dell’uomo dev’essere accolta. E ciò perché, ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, ovvero del diritto all’assegnazione della casa coniugale, il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo o l’assegnazione dell’immobile, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevolmente limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e (purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori) aspirazioni. Ad ogni modo, ecco il nocciolo della questione, con il superamento di una certa età, il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende, se del caso, meritevole dei diritti ex art. 433 cod. civ., ma non più del mantenimento ex art. 337 ter e ss.. In forza dei doveri di autoresponsaiblità che su di lui incombono, il figlio maggiorenne non può pretendere la protrazione dell’obbligo di mantenimento oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perché l’obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione. Gli Ermellini, infatti, di cui ha scritto il sitoCassazione.net , rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “ Sportello dei Diritti ”, fornisce un dato fondamentale. Nel tentativo di identificare un’età presuntiva, va rilevato, dicono, in linea con le statistiche ufficiali, nazionali ed europee, che oltre la soglia dei 34 anni, lo stato di non occupazione del figlio maggiorenne non può essere considerato quale elemento ai fini del mantenimento, dovendosi ritenere che, da quel momento in poi, il figlio stesso può, semmai, avanzare le pretese riconosciute all’adulto.

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