22 Giu 2022
Incinta non vuol dire malata
Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy, commenta così la notizia delle aspiranti vigilesse che, per partecipare a un concorso, devono dimostrare di non essere in dolce attesa.
Tira davvero una brutta aria ultimamente per le lavoratrici italiane in età fertile. Prima la stilista Elisabetta Franchi, quella che assume solo donne dopo gli anta perché hanno già fatto figli, poi le aspiranti vigilesse che, per partecipare a un concorso, devono dimostrare di non essere in dolce attesa. Il riferimento è la clausola, da qualcuno definita discriminatoria, inserita a inizio maggio da alcuni comuni del torinese per bandire due posti da vicecommissario dei vigili. A Vigone e Torre Pellice, paesi di cinquemila abitanti, nell’elenco dei requisiti richiesti per diventare dirigente dei vigili, figurava infatti un certificato di idoneità sportiva e un test di gravidanza negativo eseguito cinque giorni prima. La richiesta ha scatenato non poche polemiche, tanto più perché proveniente da un ente pubblico, che ha tra i suoi compiti anche quello di proteggere i cittadini e le cittadine da discriminazioni. I responsabili del bando si sono poi giustificati dicendo che l’istanza era volta a tutelare la salute delle donne e dell’eventuale feto in vista della prova fisica. Inoltre pare che richiedere il test di gravidanza negativo sia prassi di molti concorsi, come quelli dell’Aeronautica militare o dell’Accademia navale. Che però non è esattamente la stessa cosa, dal momento che i vigili svolgono altre mansioni. Si dirà: ma se poi una donna vince il concorso e dopo pochi mesi si mette in maternità?
“Per questo esistono le graduatorie. Il punto è che non si può fare”, commenta la Professoressa Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy. Non a caso lo scorso 2021 il Consiglio di Stato è intervenuto sul tema, sottolineando l’illegittimità dell’esclusione di una candidata in gravidanza dal concorso per allievi finanzieri (sentenza n. 8578/2021 del 24 dicembre 2021). “Dubitiamo, dunque, che sia legittimo pretendere a priori che un’aspirante vigilessa non sia incinta e lo dimostri, test alla mano. Richiederlo è una grave forma di discriminazione contro le donne nel mercato del lavoro”, aggiunge la Professoressa Berardi. “È ancora più invasiva della privacy della classica domanda circa i progetti di maternità”.
Infatti poi la clausola è stata prontamente eliminata dal bando, in quanto discriminatoria. “Perché ricordiamolo: una donna in stato di gravidanza va supportata e non discriminata”, continua la Presidente di Women for Oncology Italy. “Nella vita reale la strada per la parità di genere passa dalla consapevolezza e soprattutto dalla non rassegnazione che tutto questo sia normale. Perché normale non è”.