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La Cassazione: il condomino può installare il condizionatore sul muro del fabbricato senza autorizzazione

L’operazione è lecita se non sussiste pregiudizio per il decoro architettonico né viene impedito l’uso agli altri proprietari

Il singolo condomino può installare il condizionatore sul muro in comune senza alcuna autorizzazione. In altre parole, l’operazione è lecita se non sussiste pregiudizio per il decoro architettonico né viene impedito l’uso agli altri proprietari. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza 17975 del primo luglio 2024, ha accolto il ricorso di una condomina che aveva installato i condizionatori sulle parti comuni. La seconda sezione civile ha spiegato che ai sensi dell’art. 1120 c.c., l’installazione, sulle parti comuni, di un impianto per il condizionamento d’aria a servizio di una unità immobiliare, che non presupponga la modificazione di tali parti, può essere compiuta dal singolo condomino per conto proprio, in via di principio senza richiedere al Condominio alcuna autorizzazione. Il rilascio o il diniego di una siffatta autorizzazione può tutt’al più significare l’inesistenza o l’esistenza di un interesse di altri condomini a fare uso delle cose comuni in modo pari a quello del condomino determinatosi all’installazione. Nel caso di specie non emerge dagli atti che sia stato accertato che l’installazione su parti comuni di condizionatori al servizio di un’unità immobiliare determini alterazione della destinazione delle cose comuni, né impedisca ad altri condomini di farne parimenti uso. E ciò perché la naturale destinazione all’uso della cosa comune, può tener conto di specificità – che possono costituire ulteriore limite alla tollerabilità della compressione del diritto del singolo condomino – solo se queste, costituiscano una inevitabile e costante caratteristica di utilizzo. Ad avviso dei giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno spiegato che “E’ stato affermato il principio secondo il quale «nell’identificazione del limite all’immutazione della cosa comune, disciplinato dall’art. 1120 co. 2 c.c., il concetto di inservibilità della stessa non può consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione – coessenziale al concetto di innovazione ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità della res communis secondo la sua naturale fruibilità, per cui si può tener conto di specificità che possono costituire ulteriore limite alla tollerabilità della compressione del diritto del singolo condomino – solo se queste costituiscano una inevitabile e costante caratteristica di utilizzo”.

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