18 Apr 2021
La nuova oncologia chiede più integrazione tra ospedale e territorio, tecnologie avanzate, terapie innovative per tutti i pazienti, più aiuto alla ricerca e più medici, ma servono risorse consistenti
«Il futuro dell’oncologia non è domani, è oggi. La risposta all’emergenza oncologica
causata indirettamente dalla pandemia da Covid-19 deve arrivare subito. I malati di cancro non
possono aspettare, il tempo è scaduto!». E’ questo l’appello di FAVO – Federazione Italiana delle
Associazioni di Volontariato in Oncologia, al quale ha fatto da contraltare quello delle Società
scientifiche oncologiche. Agire in fretta è la parola d’ordine ed è più volte ricorsa durante il
webinar organizzato da Motore Sanità in collaborazione con FAVO – Federazione Italiana delle
Associazioni di Volontariato in Oncologia, dal titolo “CANCRO E COVID L’EMERGENZA
NELL’EMERGENZA. L’ONCOLOGIA NELL’ERA INTRA E POST PANDEMICA”.
Il Covid ha posto il problema di screening da recuperare e da potenziare a livello territoriale,
come pure l’attività di follow up; ha evidenziato quanto sia necessaria l’integrazione tra ospedale
e territorio e quanto sia urgente l’assistenza territoriale quindi la medicina di territorio e di
prossimità a supporto dei malati oncologici. Ma la pandemia ha anche posto il problema di una
oncologia che vede di molto cambiata la gestione del paziente e che per questo richiede non solo
un accesso alle terapie innovative in maniera equa ma anche un tempo di ascolto e di presa in
carico del medico oncologo più dedicato.
“Durante la pandemia lo sforzo delle oncologie è stato quello di garantire la tempestività di tutti i
trattamenti attraverso l’organizzazione di percorsi sicuri per i pazienti oncologici – ha spiegato
Massimo Di Maio, Segretario Associazione Italiana Oncologia Medica (AIOM) e Direttore
dell’Oncologia Medica presso l’Azienda Ospedaliera Mauriziano di Torino -. Oggi dobbiamo
continuare a garantire le cure, creare le condizioni per attuare l’integrazione tra ospedale e
territorio per la gestione ottimale del paziente, un problema che è stato ancora più clamoroso in
questo anno di emergenza, ma non dimentichiamoci di un altro aspetto: per la gestione ottimale e
la migliore soddisfazione del paziente sono necessari più tempo da dedicargli e più risorse
umane che dovranno essere definite da un nuovo piano oncologico nazionale”.
La situazione pandemica ha condizionato una riduzione drastica degli interventi chirurgici.
“Nel corso del 2020 sono stati fatti 1milione di interventi chirurgici in meno. Questo arretrato
importante è stato gestito in maniera diversa a livello regionale. Il Piano oncologico nazionale deve
fare un investimento serio sul fatto che questo carico venga smaltito in tempi reali e non può
essere fatto utilizzando le risorse che sono disponibili perché sono già esaurite – ha spiegato
Alessandro Gronchi, Presidente Società Italiana Chirurgia Oncologica (SICO) e Responsabile della
Chirurgia dei Sarcomi dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -. La riorganizzazione oncologica
in tempo pandemico è stata importante e ha visto l’impegno di tutti gli operatori ma oggi necessita
di una ristrutturazione e un impegno che richiedono un investimento specifico e va inquadrato e
organizzato nell’ambito delle Reti oncologiche in cui possono essere gestiti virtualmente
moltissimi pazienti che quindi possono evitare di muoversi non solo da Nord a Sud ma anche nelle
stesse regioni per facilitare il lavoro con il territorio”.
“Sul fronte della radioterapia oncologica siamo riusciti a mantenere i volumi di attività in maniera
eccellente, meglio di altri paesi, ed è un motivo di orgoglio per la nostra Società, e questo dimostra
che quando c’è una adeguata tecnologia e una adeguata multidisciplinarietà si riesce a trattare il
paziente in modo ottimale – ha spiegato Vittorio Donato, Presidente Associazione Italiana di
Radioterapia e Oncologia Clinica (AIRO) e Direttore dell’Unità di Oncologia dell’Ospedale San
Camillo-Forlanini di Roma -. Bisogna assolutamente approvare il nuovo Piano oncologico nazionale
in linea con quello europeo puntando su equità delle cure e sulla connessione ospedale-territorio
che si può ottimizzare grazie ad una adeguata piattaforma tecnologica”.
La pandemia ha minato anche la ricerca in oncologia. “Abbiamo registrato un calo notevole della
partecipazione ai trial clinici e voglio ricordare che per i pazienti oncoematologici la possibilità di
parteciparvi può fare una grande differenza poiché ha un impatto reale sull’assistenza – ha
spiegato Marco Vignetti, Presidente Fondazione GIMEMA -. Ci dovrebbe essere una grande
attenzione da parte delle istituzioni a trovare vie per finanziare direttamente le reti esistenti come
GIMEMA, IEO, che la presenza sul territorio, l’assistenza domiciliare, la diagnosi precoce, la terapia
più avanzata la erogano e continuano a farlo nonostante la pandemia e anche da prima. Riuscire a
sostenere questi gruppi in maniera pratica offrendogli infrastrutture e finanziamenti può far fare
una accelerazione enorme alla qualità dell’assistenza piuttosto che non progettare cose nuove che
comunque richiederebbero anni”.