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L’AVVISTAMENTO DELLA FOCA MONACA

IN PASSATO IL MAMMIFERO FREQUENTAVA LE GROTTE SOMMERSE DI PORTOSELVAGGIO
Il Comune di Nardò, poche settimane fa, ha proposto un progetto per il suo monitoraggio

Ha sorpreso non poco la notizia della presenza di una foca monaca nel Salento, nelle acque dell’Area Marina Protetta di Porto Cesareo e di Nardò. È stato un diportista in transito a fare l’avvistamento di questo mammifero marino, le cui segnalazioni vengono accolte sempre con grande entusiasmo dalla comunità e dal mondo scientifico, trattandosi di una specie rara, presente in circa 700 esemplari, concentrati nelle popolazioni riproduttive note del Mediterraneo, in particolare lungo le coste di Grecia e Turchia (dove ci sarebbero circa 350 esemplari), e dell’oceano Atlantico, precisamente nell’arcipelago di Madeira-Isole Desertas e nella penisola di Capo Blanco in Mauritania.
L’avvistamento conferma la bontà della scelta dell’amministrazione comunale di approfondire gli studi sul mammifero e di presentare, il 27 novembre scorso, una propria proposta progettuale nel Por Puglia 2014-2020 (Azione 6.5 – Procedura negoziale per la selezione di azioni di monitoraggio di Rete Natura 2000 su habitat e specie della Puglia), includendo l’azione di monitoraggio della foca monaca mediterranea all’interno del Parco Naturale Regionale di Portoselvaggio – Palude del Capitano. Oltre che a rafforzare le motivazioni che hanno portato il Comune di Nardò a richiedere l’istituzione dell’Oasi Blu nel tratto di mare prospiciente il parco.
“È una notizia entusiasmante – commenta l’assessore all’Ambiente Mino Natalizio – per il contesto naturalistico del Salento e in particolare del tratto jonico della costa. Dimostra, peraltro, che siamo stati lungimiranti a prevedere un’azione di monitoraggio della foca monaca mediterranea all’interno del parco di Portoselvaggio. Si tratta di una specie di cui si contano nel mondo solo qualche centinaio di esemplari e averne avvistata una nel nostro mare ci riempie di orgoglio”.
Va ricordato che dal 2012 un gruppo di esperti guidati da Luigi Bundone dell’Università Ca’ Foscari di Venezia conduce regolarmente campagne di studi lungo le coste del Salento sugli avvistamenti della foca monaca ed in particolare sulla disponibilità di habitat. Come noto, questo mammifero frequenta abitudinariamente coste rocciose con presenza di grotte principalmente per riposare e per riprodursi. Gli studi stanno restituendo interessanti e inaspettati risultati lungo le coste della penisola salentina, dove le segnalazioni di frequentazione della foca monaca sono pressoché costanti sin dagli anni ‘70. La vicinanza del Salento alle colonie riproduttive della Grecia, infatti, rende il tratto di mare facilmente percorribile in pochi giorni. La diffusa disponibilità di smartphone negli ultimi anni ha reso possibile poi “certificarne” facilmente la presenza da parte dei tanti fruitori della costa.
In particolare, l’indagine conoscitiva dell’habitat potenziale per la foca monaca mediterranea (Monachus monachus) lungo le coste del Salento, condotta dal 2013 al 2015 da Luigi Bundone con la collaborazione di Raffaele Onorato (Apogon), Sergio Fai, Francesco Minonne, Giacomo Marzano, Cataldo Lichelli, Mario Congedo ed Emanuela Molinaroli, ha messo in evidenza la presenza nei tratti del Parco Naturale Regionale Otranto-Leuca e nel Parco Naturale Regionale di Portoselvaggio e Palude del Capitano di habitat costieri per la foca monaca. Lungo la costa della provincia di Lecce, il parco di Portoselvaggio rappresenta infatti l’unico tratto jonico con costa rocciosa e grotte in grado di dare un riparo sicuro alla foca monaca durante i suoi spostamenti.
La più antica evidenza di presenza della specie lungo le coste del Salento è rappresentata dai resti di foca cacciati in epoca Paleolitica e ritrovati nella Grotta Romanelli. Le popolazioni di foca monaca mediterranea erano in antichità distribuite lungo le coste del Mediterraneo, del Mar Nero e in atlantico dalla Spagna al Gambia, inclusi gli arcipelaghi delle Azzorre, Madeira, Canarie e Capo Verde. Attraverso i secoli la presenza della specie è stata fortemente ridotta, nel Mediterraneo a partire dall’epoca romana in cui le foche venivano cacciate per le pelli, carni, grasso e utilizzate nei giochi delle arene. La foca monaca mediterranea, che l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura ha classificato come “endagered” (cioè, in pericolo), è protetta a livello nazionale in tutti i paesi nelle rispettive legislazioni per la caccia, la pesca e per la tutela della fauna. La specie è inoltre inclusa nelle principali convenzioni internazionali per la tutela della fauna e dell’ambiente.

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