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Le competenze femminili in grado di portare un valore aggiunto alla governance del Sistema sanitario

La Dottoressa Ilaria Pazzagli di Women for Oncology Italy: “Portiamo anche gli uomini a far conoscere un certo tipo di metodo di impostazione, facciamo sì che alcune strutture, la cui dirigente a livello sanitario è una donna, possano essere fatte conoscere come un modello da replicare in un ambito sanitario più ampio”.

Quali sono operativamente, da parte delle donne dirigenti a livello sanitario, le competenze femminili in grado di portare un valore aggiunto alla governance del Sistema sanitario? Risponde la Dottoressa Ilaria Pazzagli, Direttrice della Struttura oncologica semplice Presidio ospedaliero di Brescia – che afferisce alla Struttura oncologica complessa dell’oncologia di Pistoia all’interno del Dipartimento oncologico dell’USL Toscana Centro – e responsabile del Gruppo oncologico multidisciplinare sul tumore della mammella, nonché referente per la Regione Toscana di Women for Oncology Italy, che subito precisa: “Non si sta parlando di quote rosa o di imposizione genere-correlate, ma di porre la questione in ambito di merito e quindi riconoscere che esistono alcune competenze che devono avere la priorità nella governance sanitaria, per creare valore assistenziale e portare a una serie di attuazione di servizi sanitari e socio sanitari che fanno essere l’utente pianamente soddisfatto. Parliamo di competenze necessarie che sono: l’attitudine all’ascolto, al dialogo, a fare gruppo, a prendere decisioni condivise, a stabilire i percorsi più brevi e più efficaci, per poter ottenere il massimo dell’attuazione del servizio con un impiego di risorse condivise. Che significa generare valore da un servizio affinché ci sia una gara da parte dei cittadini e dei privati a investire in un servizio, affinché si percepisca il valore aggiunto. La capacità femminile di fare squadra, di fare rete e di generare reti anche fuori dall’ospedale, può far sì che un servizio, anziché essere portato avanti faticosamente solo da poche persone, possa essere in realtà sviluppato, portato avanti e mantenuto nel tempo da una comunità. L’attitudine al community building significa anche far sì che alcune competenze possano essere di aiuto al Servizio sanitario. Non in unione soltanto alle donne, ma in una comunione di intenti, indipendente e indipendentemente dal genere di coloro che vi prendono parte. La comunità è una rete fatta di persone che mettono al servizio le loro competenze, che portano avanti obiettivi comuni, al fine di raggiungere l’applicazione di un servizio complesso. Competenze queste che sono molto femminili, senza escludere che possano essere anche condivise dagli uomini.

Da qui la proposta della Dottoressa Pazzagli:“Portiamo anche gli uomini a far conoscere un certo tipo di metodo di impostazione, facciamo sì che alcune strutture dove la dirigente a livello sanitario è una donna possano essere fatte conoscere come un modello da replicare in un ambito sanitario più ampio. Così come tante strutture che hanno fatto da apripista nei modelli sanitari di gestione, gestiti da uomini, hanno rappresentato per noi donne un modello a cui ispirarsi per poter realizzare quello per cui anche noi siamo chiamate ad essere responsabili. È necessario coinvolgere in questa conoscenza della leadership femminile applicata nella gestione delle strutture sanitarie oncologiche anche le società scientifiche nazionali e internazionali, le amministrazioni pubbliche, le rappresentanze politiche e il terzo settore”.

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