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Taxi. Curare il cancro con l’aspirina… che il malato non vuole neanche prendere

Curereste il cancro con l’aspirina, sapendo tra l’altro che il malato è riottoso all’assunzione di qualunque farmaco? Ovviamente no. E’ quello che invece succede oggi con l’Antitrust che ha inviato una richiesta ai Comuni di Roma, Milano e Napoli perché aumentino il numero di licenze di taxi, anche oltre il 20% stabilito dalla recente legge (1).

L’aspirina dell’Antitrust sarebbe la richiesta in sé di contingentare ad un tetto massimo il numero di licenze. L’Antitrust sottovaluta che il problema dei taxi non è il numero di licenze in sé ma il fatto che il mercato non è libero. Oggi, con le licenze striminzite in essere, si favorisce il mercato nero di chi gestisce questo servizio. Domani con qualche licenza in più… ci sarà lo stesso mercato illegale solo che le cifre in gioco saranno più basse di quelle attuali.
Il problema è che il taxista diventi un lavoro a cui ognuno possa accedervi liberamente avendo assolto alcuni aspetti tecnici e commerciali. Solo così si distrugge l’illegalità e si favorisce qualità ed economicità.

A questo si aggiunga che l’aspirina che raccomanda l’Antitrust non verrà mai presa dai taxisti, e i Comuni che dovrebbero erogarla sono restii a farlo. Questi ultimi non vogliono problemi e, come già fanno nei confronti dei commercianti, sono disposti a vendere le proprie città a qualunque corporazione gli garantisca stabilità (anche elettorale). I taxisti, invece, ci hanno più volte detto che loro non vogliono nessuna riforma, che non gliene frega nulla delle carenze numeriche e qualitative del servizio e che sono solo interessati a mantenere e difendere le proprie nicchie anche con un’evasione fiscale tanto eclatante quanto ignorata da tutti (2).

Continuiamo, anche grazie ad Antitrust, a girare intorno al problema, che ha una solo soluzione: liberalizzazione, a partire dall’apertura a servizi tipo Uber.

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