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Vacanza rovinata da inquinamento acustico? Il Comune paga il danno

Villeggianti risarciti per il mancato godimento della seconda casa. Troppo rumorosi gli spettacoli notturni. Anche l’ente deve rispettare le regole: l’interesse pubblico non prevale sul diritto del privato

L’inquinamento acustico è una realtà che spesso si è costretti a sopportare, ma nel caso in cui la situazione diventa intollerante si configura il risarcimento dei danni. Anche il Comune, infatti, paga il danno da vacanza rovinata. Sono risarciti i villeggianti che non hanno potuto godere della seconda casa di cui sono proprietari perché l’amministrazione locale organizza in piazza spettacoli estivi che durano fino a tarda notte, rendendo difficile il soggiorno nella località balneare: troppo rumorosi i concerti, anche se il regolamento comunale consente di arrivare a 70 decibel, perché in materia d’immissioni acustiche la tollerabilità deve essere valutata caso per caso. E il fatto che la rassegna estiva sia d’interesse pubblico non giustifica di per sé il sacrificio del diritto del privato oltre il limite della normale sopportazione. È quanto emerge dall’ordinanza 18676/2024 pubblicata il 9 luglio 2024 dalla terza sezione civile della Cassazione. Diventa definitiva la condanna del Comune di Albissola Marina, sulla riviera ligure: risarcirà 3 mila euro a una coppia lombarda che non ha potuto godere dell’appartamento da loro destinato a residenza estiva. L’immobile si affaccia sulla piazza principale del paese dove l’amministrazione organizza eventi, ma fra l’allestimento dei palchi e gli spettacoli fino a tardi le immissioni sonore risultano intollerabili. Anzi, il giudice del gravame aumenta il risarcimento fissato in primo grado a soli mille euro: il ristoro deve essere integrale e non limitato ai soli giorni di «effettivo probabile utilizzo» dell’immobile perché va considerato che la seconda casa risulta comunque inutilizzabile per i proprietari. Ad avviso dei giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno spiegato che “Non è vero che, per verificare se le feste di piazza fanno o no un rumore insopportabile, i giudici del merito avrebbero utilizzato la consulenza tecnica d’ufficio che fa riferimento al decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 14/11/1997, laddove il provvedimento riguarda i valori limite delle sorgenti sonore nelle attività produttive e non le manifestazioni culturali e gli spettacoli. I limiti indicati dai singoli regolamenti, compreso quello approvato dal Comune sono puramente indicativi: la tollerabilità delle immissioni deve essere verificata tenendo conto di luoghi, orari, caratteristiche della zona e abitudini degli abitanti. Pure l’ente pubblico deve sottostare all’obbligo di non provocare rumori insopportabili e risponde dei danni ai diritti soggettivi dei privati causati dalle immissioni provenienti da aree pubbliche. E può dunque essere condannato a ricondurre le emissioni entro la soglia di normale tollerabilità oltre che a risarcire: la domanda non investe un atto discrezionale dell’ente ma un’attività materiale soggetta a responsabilità extracontrattuale. Con la sentenza 14209 del 23-05-2023, ad esempio, un Comune ha pagato i danni ai residenti che non riuscivano a dormire per gli schiamazzi della movida”.

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